martedì 10 luglio 2007

Discorso di insediamento di Eugenio Comincini

È per me un grande onore ed anche una grande emozione assumere solennemente, con questo giuramento, il ruolo di Sindaco di Cernusco sul Naviglio. Oggi non si parla del programma di governo della città – se ne discuterà dopo l’estate – ma dell’insediamento di un nuova Amministrazione comunale.

Giurare citando la Costituzione repubblicana impone di ricordare quanti hanno dato la vita perché l’Italia – e quindi anche la nostra Cernusco – ritrovasse la libertà dal fascismo. Tra pochi mesi festeggeremo i 60 anni dall’approvazione e dall’entrata in vigore della Carta Costituzionale: ci sarà modo di ricordare, soprattutto alle giovani generazioni, quali valori e quali contenuti caratterizzano questo Documento fondamentale. Forse pochi lo sanno, ma in questa aula dedicata ad Angelo Spinelli, insieme al gonfalone del Comune, al Tricolore, alla bandiera d’Europa e a quella della Regione Lombardia, con l’effige del Presidente della Repubblica e il Crocifisso, è esposta copia delle pagine della Gazzetta Ufficiale n. 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947, che riporta l’intero testo della Costituzione. Il Sindaco ha giurato di essere fedele alla Costituzione, ma tutti noi siamo chiamati ad esserlo.

Cosa significa essere Sindaco, oggi, nel 2007?
L’etimologia della parola “sindaco” rimanda al greco Sýndikos, che significa “amministratore di giustizia”. Significa quindi aver cura del bene di tutti, dei beni di tutti, saper compiere scelte che sappiano andare nella direzione della cura di chi è più debole, di ciò che è più debole.
Ma essere Sindaco, oggi, con i poteri che la legge conferisce a tale carica, significa anche altro.
Voglio allargare lo sguardo e pensare che, insieme, il Sindaco, la sua Giunta e il Consiglio possano costruire un modello nuovo di città a cui anche altri possano guardare: un modello che parta dal voler ricostruire la comunità civile che qui vive, spesso assopita e in questi ultimi anni lacerata.
Occorre partire dall’uomo, porre la persona e suoi bisogni al centro dell’azione politica.

Scriveva Marco Aurelio del 174 DC: “Noi siamo nati per darci un aiuto reciproco, come i piedi, le mani, le palpebre, come due file di denti. Ecco perché è cosa contro natura agire l’uno contro l’altro; e irritarsi contro qualcuno e detestarlo è proprio di persone tra loro nemiche. (…). Tutto ciò che viene dagli uomini ci è caro perché ci unisce una parentela a forma di catena”.

Serve quindi applicare uno stile lieve, operare per una città unita, costruire – permettetemi questa stramberia lessicale – un “Comune gentile”.

Questo progetto ha un su alfabeto, con parole e pratiche che dobbiamo eliminare ed altre che vanno utilizzate con più frequenza.

Vanno abbandonati scontro, pregiudizio, egoismo, intolleranza, demagogia, calcolo, cinismo, vendetta, smarrimento, stanchezza, pessimismo.

Bisogna dare forza a dialogo, ascolto, pazienza, mediazione, ricucire, riscatto, obiettivi, progetti, modelli, gentilezza, sobrietà.

Serve un’intuizione del mondo che dia senso alle scelte che si faranno. Non basta “fare”. Intanto occorre “fare bene”, ma è oltremodo necessario che al “fare” si anteponga il pensare, il discernere e lo scegliere: in altre parole occorre fare posto alla politica. Che – nell’epoca della comunicazione, della globalizzazione e del relativismo – non è più la semplice contrapposizione ideologica tra destra e sinistra, ma la capacità di scegliere tra opzioni diverse quella che sa portare maggiore beneficio alla comunità, nell’interesse di molti e non di pochi.

Giusto due giorni fa, a Torino, Walter Veltroni ha avuto modo di dichiarare che “La politica non è un’avventura personale, ma un meraviglioso viaggio collettivo”. Ecco: è così che intendo anche io questo servizio. Non sono qui ad occupare un posto ma sono a disposizione di quanti vogliono salpare per un nuovo viaggio, da fare insieme, al ritorno dal qual poter portare alla nostra città tesori nuovi: innovazione, servizi, benessere, lavoro. Per fare questo viaggio serve uno sguardo oltre la città, non solo verso il territorio circostante, ma allargato all’Europa.

In questa settimana si è ricordato il 40° anniversario della morte di don Lorenzo Milani che, proprio una settimana prima di morire, scriveva nella Lettera a un professoressa: “Il mio problema è anche il tuo. Uscirne da soli è egoismo. Uscirne insieme è la politica”.

Questo sia lo stile e l’impegno con il quale ciascuno si appresta a vivere – nel rispetto dei ruoli che gli elettori ci hanno affidato – il mandato per i prossimi 5 anni. Lo dico soprattutto a numerosi giovani presenti in questo Consiglio e che ci ascoltano nella sala o via radio: gli occhi di moti saranno sopra di noi e lo saranno soprattutto su chi è più giovane, perché le attese di cambiamento si concentrano proprio in chi ha ancora molto futuro davanti. Non cadiamo nell’errore di diventare vecchi anzi tempo, con stili e pratiche non nostre! Non perdiamo l’occasione di saper innovare.

In questi giorni in molti hanno scritto sui mezzi di informazione per analizzare e commentare i risultati elettorali e le attese per il futuro. Fra questi mi ha colpito un augurio rivolto al Sindaco e ai 20 Consiglieri comunali: quello di sapersi appassionare nel servizio alla città.

Lo accolgo volentieri e lo faccio mio ricordando a me e a voi tutti le parole di una altro grande uomo appassionato delle persone, della comunità e del loro futuro, Primo Mazzolari: “Il domani, che è già in marcia, sarà quale lo vogliamo fin da questo momento, perché il nostro impegno verso il domani incomincia oggi”.

Grazie.

Eugenio Comincini
29 giugno 2007,
INAUGURAZIONE CONSIGLIO COMUNALE

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