Il Comune di Cernusco potrà rilasciare, presso i propri sportelli anagrafici, un attestato a coloro che vivono in convivenze non matrimoniali. Questo l’esito della mozione presentata dal gruppo consiliare di Rifondazione Comunista e approvata dalla maggioranza di centrosinistra, nella seduta del 20 maggio, che impegna il sindaco ad agire in questa direzione.
I residenti in città che vivono situazioni di convivenza perché legati da vincoli di parentela oppure da vincoli affettivi potranno ottenere dal Comune un’attestazione di “famiglia anagrafica”, secondo quanto disposto da due provvedimenti legislativi risalenti al 1954 e al 1989.
“Si tratta di applicare due leggi esistenti,” ha spiegato Ermes Severgnini, capogruppo del Prc e relatore della mozione – “che ci consentono di cominciare un percorso nuovo verso l’ampliamento della sfera dei diritti individuali.” La possibilità di ottenere la cosiddetta “attestazione di famiglia anagrafica” apre le porte al godimento di diritti previsti da altri provvedimenti di legge, come per esempio i congedi lavorativi per lutti familiari o le tutele per la testimonianza previste dal codice di procedura penale.
La mozione ha incontrato il favore di tutti i gruppi di maggioranza (oltre al Prc, il Partito Democratico e Vivere Cernusco), pur con qualche distinguo dettato dalle convinzioni etiche e personali che i singoli consiglieri hanno tenuto a mettere in evidenza, in un dibattito dai toni sempre pacati. Claudio Gargantini (Pd) lo ha definito “un gesto simbolico, oltre che politico e amministrativo“; per Adriana Guzzi (Pd) è “una risposta doverosa a un’esigenza di autodeterminazione che emerge dai cittadini, anche se il matrimonio rimane l’unico istituto fondante della famiglia.” Posizione, quest’ultima, pienamente condivisa dal sindaco, Eugenio Comincini. “Un segnale importante sulla strada dell’ampliamento dei diritti individuali, che apre certamente un dibattito del quale non dobbiamo avere paura,” ha detto il sindaco. “Pensiamo soltanto che la legge che andiamo ad applicare è stata voluta e adottata, negli anni Sessanta, dalla Democrazia Cristiana, che certamente non era forza politica avversa alla famiglia fondata sul matrimonio.”
Contrari alla mozione i consiglieri di Forza Italia, che giudicano non necessario il riconoscimento pubblico di diritti individuali già previsti dal diritto privato (Frigerio) e non proponibile l’equiparazione della famiglia angrafica alla definizione di famiglia, così come delineata dalla Costituzione (Monti).
Si sono astenuti i due consiglieri della Lega Nord, che approvano il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dell’individuo (“il pensiero di Adriana Guzzi incontra il mio appoggio”, ha detto il capogruppo Angelo Rocchi) ma chiedono maggiori garanzie affinché tale misura non si trasformi “nell’occasione per aggirare la legge; per esempio, per ottenere permessi di soggiorno che altrimenti non sarebbero concessi, come succede ormai troppo di frequente”.
Astenuto anche il consigliere Angrisano (Lista Cassamagnaghi Sindaco), rammaricato del voto contrario a una mozione da lui ritenuta identica nei contenuti, presentata alcuni mesi fa proprio dall’ex sindaco Daniele Cassamagnaghi, ora all’opposizione (e assente martedì sera per motivi di salute).
“Abbiamo offerto questa mozione all’apporto delle minoranze già da tempo,” ha ribattuto Severgnini, “ma non abbiamo registrato alcun contributo”. “Siamo spiacenti che questa apertura sia stata male interpretata”, ha aggiunto Dossi (Pd). “La mozione Cassamagnaghi prevedeva l’istituzione dei registri delle unioni civili, strumenti non corretti da un punto di vista amministrativo e poco usati dai cittadini, nei Comuni che li hanno adottati. Qui si tratta di agire in maniera più decisa e applicando leggi già esistenti, pur in un panorama legislativo nazionale che, in materia, è ancora piuttosto confuso”.
“Non si vuole creare un nuovo soggetto giuridico, solo offrire uno strumento per ampliare i diritti individuali,” è la precisazione di Marco Erba, capogruppo del Pd.
Nella mozione c’è poi un impegno del consiglio a sollecitare il Parlamento ad affrontare “il tema del riconoscimento giuridico di diritti, doveri e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto”.
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