Martedì mattina, nella clinica Capitanio di Milano, è mancato un grande uomo, un uomo di cui ho sempre avuto stima e che ammiravo fin da ragazzo attraverso lo schermo della televisione e le pagine dei giornali: Enzo Biagi.
Martedì l’Italia ha perso un “voce” importante, una voce capace di descrivere con chiarezza e obiettività ciò che succedeva nella nostra nazione e nel mondo, una voce che ha seguito passo a passo le tappe importanti del nostro secolo, interrogandone i protagonisti, senza risparmiare domande scomode.
Ricordo ancora le interviste memorabili a Muammar Gheddafi e Gianni Agnelli o quella a Roberto Benigni durante la trasmissione “Il fatto”.
Un “voce” che però sapeva parlare anche del piccolo, del quotidiano, della gente comune, e che proprio a questa gente comune, e non ai professionisti, si rivolgeva nei suoi articoli e nelle sue trasmissioni con uno stile semplice e diretto.
Biagi, scherzando, diceva che avrebbe fatto il giornalista anche gratis. Era una battuta che però racchiudeva l’essenza di questo grande uomo. Faceva il giornalista per passione, non si faceva fermare nemmeno dalle malattie (nonostante i numerosi interventi), e soprattutto lo faceva alla ricerca della verità. Quella verità che per lui valeva bene uno scontro con l’editore, o un licenziamento, o, in tempi più recenti, addirittura un’espulsione dalla televisione pubblica (“l’editto bulgaro” di Berlusconi).
La mia speranza è che la sua scomparsa possa essere uno stimolo per tutti i giornalisti che seguono sia la cronaca nazionale che quella locale. Spero che Enzo Biagi venga preso - sia dai giornalisti giovani che da quelli “navigati” - come un esempio, come un maestro della professione.
Il mio augurio per tutti i giornalisti che conosco o che seguo è che, come per Biagi, la ricerca della verità sia sempre al primo posto, che non ci si faccia fermare dagli interessi e dalle pretese di altri.
Abbiamo tutti bisogno di altri Biagi che sappiano raccontare e interpretare con la stessa forza e obiettività ciò che succede oggi nella nostra nazione e nel mondo.
Eugenio Comincini
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